Code infinite per raggiungere la vetta del monte Everest.

Sembra una notizia inventata ma è la triste realtà.

Anche in uno dei posti meno ospitali del pianeta c’è gente in fila che aspetta il proprio turno manco fosse all’Esselunga.

Spesso con tragiche conseguenze.

Il turismo di massa è un problema nuovo e spesso sottovalutato al quale non si riesce ancora a trovare una soluzione.

E probabilmente neanche la stiamo cercando.

Troppi gli interessi in gioco.

Pensate alle compagnie low cost, alle navi da crociera, ai giganti del settore alberghiero o quelli della  ristorazione, questo mercato muove ingenti somme di denaro e genera enormi profitti.

Per raggiungere la cima della montagna più alta della Terra servono circa 50 mila dollari a persona, extra esclusi.

Il governo Nepalese si sfrega le mani e non richiede nessun tipo di certificazione per la scalata, a differenza di quanto avviene per altre montagne (tipo il Kilimangiaro), aprendo la strada anche ai non esperti pur di guadagnare.

Nel mio viaggio alla scoperta delle 7 meraviglie del mondo(vedi Libro), l’unica costante era il numero spropositato di turisti.

Dalle piramidi Maya al Taj Mahal indiano, dal Cristo di Rio al deserto di Petra, il turismo di massa sta ingoiando queste meraviglie proprio come sta accadendo a Machu Picchu, che rischia di sprofondare sotto il peso dei visitatori stranieri.

Igoverno cinese ha deciso di limitare il numero di ingressi alla Muraglia a “sole” 65.000 persone al giorno.

 (Guarda il video della Muraglia)

Inquinamento turistico

turismo

Confusione per le strade di Tokyo

La cultura Social non fa altro che aumentare questo crescente desiderio di viaggiare.

Nessuna generazione precedente ha mai viaggiato tanto quanto la nostra, e questo è un dato di fatto.

Il problema spazia dalla cima dell’Everest al Giappone, dove si è conclusa la stagione del Sakura, la fioritura dei ciliegi.

I giapponesi amano trascorrere ore nei parchi ammirando i fiori.

Una delle prime frasi che i bambini imparano a scuola è: “Sakura ga saita”: i fiori di ciliegio sono sbocciati.

È un momento talmente importante nella loro cultura che hanno inventato una parola speciale per questo: fare Hanami. 

Il fascino dei ciliegi in fiore non lascia indifferenti i visitatori stranieri.

31.2 milioni di persone hanno visitato il Giappone nel 2018, e io fra questi.

Un numero talmente elevato che in alcune città, tipo Kyoto o Kamamura, diversi turisti si sono visti rifiutare l’ingresso in templi e bar della zona a causa del loro cattivo comportamento.

I giapponesi hanno inventato una parola anche per questo: “Kankō Kōgai”, ovvero inquinamento turistico.

Ma non sono gli unici.

Turismo nel Mondo

Tanti sono i posti meravigliosi che stanno chiudendo le porte in faccia al turismo di massa.

Parlo della celebre “Maya Bay”, sull’isola thailandese di Kho Phi Phi, famosa in tutto il mondo per essere la paradisiaca spiaggia di Leonardo Dicaprio nel film “The Beach”.

Per ripristinare il delicato ecosistema  distrutto dall’arrivo giornaliero di quasi 5mila persone, il governo di Bangkok ha deciso per una chiusura “a tempo indeterminato” dell’isola.

Ma non è tutto.

Non se la passano bene nemmeno i famosi “Draghi” dell’isola di Komodo, in Indonesia, una delle sette meraviglie naturali del pianeta.

La polizia di Java sostiene di aver sventato con successo il tentativo di furto di 5 esemplari da parte di un gruppo di trafficanti.

Gli annunci erano comparsi sul marketplace di Facebook per 5mila €

Per salvaguardare questi animali preistorici e tutto il parco nazionale dalle migliaia di turisti stranieri che approdano ogni giorno, il governo indonesiano sta pensando ad una chiusura dell’isola per il 2020.

Nelle Filippine, il presidente R. Duarte ha appena riaperto la popolare spiaggia di Boracay, chiusa in via precauzionale l’anno passato, mentre rimane tutt’ora in vigore “l’emergenza plastica” nell’isola degli dei: Bali.

Turismofóbia

Scritta sui muri di Barcellona

Ma non serve andare così lontano per vedere gli effetti negativi del turismo di massa.

Nella città dove vivo, Barcellona, la situazione non è certamente migliore.

Anche qui hanno inventato un nome specifico: Turismofòbia.

Alcune zone tipo la Rambla, i dintorni della Sagrada Familia o il Parc Guell sono completamente in mano ai turisti.

I prezzi si alzano, i vecchi negozi del Barrio, quelli che da queste parti chiamano “de toda la vida”, lasciano spazio a negozi di souvenir tutti uguali e la maggior parte dei cittadini cerca casa lontano dal centro.

L’aumento incontrollato di piattaforme tipo Airbnb non ha fatto altro che aumentare questa sensazione di odio verso i turisti.

overtourism

Code alla Sagrada Familia

Luna Park Venezia

Se volessimo restare all’interno dei nostri confini, potrei farvi gli esempi di Firenze, Roma o Venezia.

Roma è un argomento delicato che meriterebbe un approfondimento a parte, ma sappiamo tutti che Venezia è diventata un enorme Luna Park.

Un sacco di gente che ci lavora ma nessuno che ci vive, tipo Disneyland.

Per trovare l’atmosfera romantica che l’ha resa celebre in tutto il mondo bisogna uscire prima dell’alba o passeggiare dopo cena, quando ci sono meno turisti in giro e non si corre il rischio di restare incastrati in una delle sue strette “Calli” insieme a migliaia di altre teste.

abbiamo visto tutti come la situazione stia degenerando.

Se volete approfondire l’argomento vi suggerisco un documentario dal titolo “Teorema Venezia”, che riprende da vicino le (dis)avventure degli ultimi abitanti rimasti in città.

Vi lascio di seguito il trailer per capire di cosa si tratta.

Le immagini sono spettacolari. 

Viaggiatori Responsabili

A questo punto vorrei fermarmi un attimo e mettere in chiaro le cose.

Non sto dicendo che il turismo sia il male.

Barcellona e Venezia vivono di turismo, credo sia la principale fonte di ricchezza per entrambe.

Quello che metto in discussione è il modello senza regole di questo tipo di turismo.

Questa mancanza di norme, di limitazioni e di rispetto verso l’ambiente che ci circonda.

Quello che sta succedendo sulla montagna più alta del pianeta dovrebbe farci riflettere.

Ma se siete stati in vacanza a Formentera o a Mykonos in Agosto, saprete perfettamente di cosa sto parlando.

Si capisce subito che quel tipo di turismo non è sostenibile.

Leggi anche l’articolo:

Per arginare il problema, il governo giapponese consiglia ai turisti di viaggiare in piccoli gruppi, di esplorare zone meno conosciute e informarsi su usi e costumi locali prima della partenza.

Non so quale sia la soluzione giusta per una situazione così complicata, ma un maggiore impegno da parte di noi viaggiatori, una maggiore consapevolezza e il rispetto verso i luoghi che andremo a visitare potrebbe limitare (almeno in parte) il nostro impatto ambientale.

Diventare “viaggiatori responsabili” sarebbe sicuramente un primo grande passo verso un’idea di turismo diversa e più sostenibile.

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